Mobilità sociale in Alto Adige: quali prospettive?

Attualità | 18/4/2024

Quanto ci mette – in media – un ragazzo/una ragazza nato/a in una famiglia povera a salire la scala sociale e a raggiungere una posizione economica migliore di quella “ereditata” dai propri genitori?
Ce lo rivela uno studio effettuato nel 2018 dall’OCSE e il responso non può che disorientare chi è fermamente convinto di vivere nel migliore dei mondi possibili. L’OCSE, per inciso, è un’organizzazione internazionale con lo scopo di promuovere a livello globale politiche che migliorino il benessere economico e sociale dei cittadini. Ne fanno parte 38 paesi europei (tra cui Italia, Austria, Svizzera, Francia, Polonia e Regno Unito) e asiatici (Corea, Giappone) insieme ad Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti d’America. Orbene, nei paesi membri dell’OCSE ci si impiega mediamente cinque generazioni o 150 anni per raggiungere uno status sociale e un reddito che permettano una vita dignitosa.

Partendo da questi dati poco rassicuranti, il 5 aprile tre associazioni / istituti locali quali l’AFI (in persona del presidente Andreas Dorigoni), la Federazione per il Sociale e la Sanità (in persona del presidente Wolfgang Obwexer) e l’EURAC research (in persona della vicedirettrice Roberta Bottarin) hanno promosso al Centro Pastorale di Bolzano un evento dal titolo “Mobilità sociale: Quali prospettive per l’alto Adige?”
Il termine mobilità sociale indica l’opportunità di “scalare” i gradini della scala sociale garantita anche a chi è costretto a partire dai “bassifondi” della società. I politici presenti (il Landeshauptmann Kompatscher, l’assessora Pamer e l’assessore Galateo), pur riconoscendo che “anche in Alto Adige rimane molto da fare”, hanno tuttavia precisato che l’ex isola felice parte comunque da una situazione meno desolata di altre realtà. Ma prima dei “decisori politici” sono intervenuti gli esperti dei tre enti (Elisa Piras, Stefan Perini e Günther Sommia), ossia coloro che nel 2022 hanno condotto uno studio incentrato sulle criticità della società altoatesina.
In sostanza, in Alto Adige “le opportunità individuali di raggiungere determinate posizioni sociali sono ancora distribuite in modo ineguale e legate al background sociale”, hanno affermato i tre studiosi. Attraverso sette workshop tematici a cui hanno partecipato 63 esperti, sono stati elaborati i campi d’azione per la promozione della mobilità sociale. Salute, inclusione sociale, famiglia, istruzione, mercato del lavoro, sistema fiscale e prestazioni pubbliche, sviluppo urbano e rurale sono stati gli argomenti affrontati con l’obiettivo di “elaborare misure concrete per promuovere la mobilità sociale nel contesto altoatesino”.
La parte del leone ossia il punto nevralgico o “freno sociale” numero uno del sistema altoatesino è risultato essere quello della casa. Scarsità di alloggi disponibili per tutti, prezzi di acquisto o locazione inaccessibili alle fasce meno agiate della popolazione producono “conseguenze negative per l’inclusione sociale e l’attrattività del mercato del lavoro”. Urge, quindi, un piano “di costruzione e ristrutturazione di alloggi sociali che sia inclusivo, equo e sostenibile”.
Per il resto, il locale mercato del lavoro è contrassegnato da “incertezza salariale” e ”la segregazione tra i gruppi linguistici” incide negativamente sulle possibilità di sviluppo individuali. Anche la mancanza di servizi coordinati di supporto ai giovani e ridotte competenze linguistiche rendono difficoltosa la mobilità sociale. Allo stesso modo, rimane difficile conciliare vita lavorativa e compiti di assistenza e cura.
Il presidente Kompatscher e gli assessori hanno offerto al folto pubblico la loro visone della “realtà”, affermando, riguardo alle misure indicate nello studio, che molte di queste erano già inserite nel programma di giunta. Altre, invece, rimangono di difficile realizzazione “per mancanza di mezzi finanziari”.

Autore: Reinhard Christanell

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