L’importanza della lotta contro i disturbi del comportamento alimentare

Attualità | 2/5/2024

Soprattutto tra i più giovani, ma non solo, i comportamenti anomali con il cibo si stanno progressivamente affermando come una vera e propria epidemia sociale, che deve essere affrontata con la necessaria consapevolezza e con gli strumenti adeguati. Ne parliamo con la dott.ssa Rita Trovato, specialista in Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione Clinica che ha lavorato come medico interno presso la Cattedra di Scienza dell’Alimentazione e della Dietetica dell’Università degli Studi di Parma ed è stata anche viceprimario presso il Servizio di Dietetica e nutrizione clinica Comprensorio sanitario di Bolzano.

Si sente parlare diffusamente dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) come di una vera epidemia sociale. Ci può inquadrare brevemente il problema?

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono da alcuni anni oggetto di attenzione crescente da parte del mondo scientifico e delle comunità degli operatori sanitari in virtù anche della loro diffusione tra le fasce sempre più giovani della popolazione. Questi disagi che rappresentano una difficile sfida sia per i clinici che per gli psicoterapeuti non  sono un capriccio ma disturbi psicosomatici complessi che si caratterizzano da un anomalo rapporto con il cibo, dalla alterata percezione del peso e della propria immagine. Tutti questi fattori si correlano tra loro in un profondo e conflittuale disagio psichico che trova espressione nell’alterato rapporto con il cibo e con il proprio corpo

Quali sono i disturbi più frequenti?

I disturbi sono classificati da manuali diagnostici internazionali e comprendono: l’Anoressia nervosa, la Bulimia nervosa, il Disturbo da alimentazione incontrollata. Vi sono inoltre forme parziali o subcliniche che non comprendono tutti i sintomi necessari per fare diagnosi dei disagi precedentemente elencati.

Come si distinguono tra loro?

L’Anoressia nervosa si caratterizza per consistente perdita di peso corporeo, rifiuto di mantenere un peso corporeo al di sopra del peso minimo normale per età e statura, intensa paura di ingrassare anche se si è fortemente sottopeso e influenza del peso e della forma corporea sull’autostima. La Bulimia nervosa si caratterizza per ricorrenti episodi di abbuffate compulsive con la sensazione di totale perdita di controllo, comportamenti di compenso volti ad evitare l’aumento di peso come vomito, abuso di lassativi e diuretici, esercizio fisico eccessivo, stima di sé influenzata dalla forma e dal peso corporeo. Il Disturbo da alimentazione incontrollata condivide con la bulimia nervosa gli episodi di abbuffata ma non le pratiche di compenso volte ad impedire l’aumento di peso per cui i soggetti possono sviluppare una condizione di obesità.

Questi disagi si riscontrano anche nella popolazione di sesso maschile?    

Il peso e le forme corporee sono diventati oggetto di cura e fonte di preoccupazione anche per gli uomini ma con espressioni diverse come la bigoressia intesa come esercizio muscolare compulsivo accompagnato da diete iperproteiche e abuso di integratori spinti dal desiderio di possedere un corpo sempre più muscoloso e dalla ortoressia caratterizzata dall’ossessione per una alimentazione sana. Nella mia esperienza professionale ho avuto comunque modo di notare anche tra i ragazzi un aumento sia dell’anoressia nervosa che della bulimia che del disturbo di alimentazione incontrollata.

Statistiche alla mano quanto è vasto il problema in Italia e nella nostra provincia?

Le ultime indagini effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità stimano in almeno 3 milioni le persone che soffrono di un disturbo alimentare. La fascia di età maggiormente colpita va dai 15 ai 25 anni interessando prevalentemente il sesso femminile. Dopo la pandemia del 2020 i dati epidemiologici sottolineano purtroppo a livello europeo un forte aumento nelle fasce di età dei 10-13 anni con un incremento di casi clinicamente molto gravi. In Alto Adige l’indagine sui giovani dell’Istituto Provinciale di Statistica Astat 2021 rileva che il 24% delle giovani donne tra i 14 e i 25 anni si ritiene troppo grassa anche se normopeso o sottopeso. Il conseguente tentativo di dimagrimento, spesso con diete dannose e non necessarie, possono essere il primo passo verso un disturbo alimentare. Nel nostro territorio sono oltre 600 le persone che attualmente sono in cura con un aumento del 30% rispetto al 2020.Per i minori l’aumento è stato del 53%.

Possiamo parlare di cause che inducono insorgenza di un disturbo alimentare ?

Non esiste una risposta univoca a questa domanda, possiamo parlare di vari fattori di rischio sia genetici che ambientali. Alcune caratteristiche di personalità come perfezionismo, bassa autostima, difficoltà nel gestire le emozioni si associano ad una aumentata vulnerabilità nei confronti di questi disturbi. Tra i fattori socioculturali un ruolo significativo è svolto dai canoni dell’aspetto fisico promossi dall’industria della moda e della pubblicità dove il raggiungimento della magrezza è considerato, nella società occidentale, un modello vincente  e la valutazione di sé diventa dipendente dal peso e dalla forma del corpo.

Quali cure e quali speranze di guarigione?

La maggior parte delle persone con disturbi dell’alimentazione non ricevono una diagnosi e un trattamento adeguati. La guarigione raramente avviene da sola ma richiede un approccio integrato multidisciplinare (internisti, dietologi, psichiatri, psicologi, pediatri). Tutte queste figure professionali collaborano nelle varie fasi di un percorso diagnostico terapeutico concordato e condiviso che richiede un lavoro motivazionale costante. Le complicanze mediche e psichiche di una grave malnutrizione non trattata adeguatamente possono essere molto gravi. Il rischio di morte per una persona con diagnosi di anoressia è 5-10 volte superiore a quello di soggetti di pari età e sesso e il rischio suicidario costituisce circa il 20% di tutte le cause di morte. La diagnosi e la cura tempestiva presso strutture dedicate con operatori competenti risulta fondamentale per garantire un successo terapeutico ed evitare la cronicizzazione della patologia.

Cosa si sente di consigliare ?

Andrebbero promossi programmi di coordinamento e prevenzione attraverso rapporti di collaborazione con le scuole e con gli insegnanti, nonché con i medici di medicina generale, e coinvolgendo in questi programmi  anche l’industria alimentare, i media, l’ industria della moda, le  associazioni sportive senza dimenticare la volontà politica.

Autrice: Rosanna Pruccoli

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